A settembre si iniziano ad impostare le attività di marketing e comunicazione per l’anno successivo e molti colleghi in azienda diventano pensierosi: con che comunicazione supporteremo le nostre proposizioni, i nostri prodotti e servizi?
Spesso la comunicazione va in continuità, anche se i tempi cambiano rapidamente e le sensibilità dei consumatori evolvono ad ogni trimestre (negli ultimi 2 anni anche ogni settimana…). Spesso ci si affida alla agenzia di fiducia, quella che ci conosce meglio.
Talvolta si sceglie di cambiare, organizzando una gara fra agenzie per avere “aria nuova” ed approcci diversi.
Come insegna la psicologia comportamentale: nelle nostre routine professionali, talvolta sia la continuità, che la discontinuità possono provocare imperfezioni.
L’agenzia di fiducia può andare in over confidence rispetto alle soluzioni seguite nel passato. La nuova agenzia – nel legittimo desiderio di portare un contributo originale al Brand – può eccedere nel senso opposto, costruendo una creatività che staccandosi dall’Heritage del Brand genera fin troppa discontinuità.
Un approccio per supportare le agenzie di comunicazione ed i brand nella messa a punto della nuova comunicazione può essere quello sul quale abbiamo lavorato di recente. È un metodo agile, realizzabile anche in meno di 30 giorni e richiede un investimento contenuto.
Ma più che una proposta commerciale è un sincero contributo alla riflessione. Il condividere una esperienza su come impostare una nuova comunicazione. I nostri consigli ovviamente seguono le buone pratiche sulle quali abbiamo concretamente lavorato e messo a punto. Ovviamente liberi di applicare questi consigli come ritenete opportuno. Costituiscono una piccola roadmap che potete seguire per impostare la prossima comunicazione, di prodotto o istituzionale.
L’approccio parte con il valutare (da qui il concetto di assessment) in modo scientifico cosa OGGI funzionerebbe ancora (o cosa richiede un refresh, o un cambio radicale) della comunicazione che avete svolto negli ultimi tempi (anni, mesi), smontandola “chirurgicamente”, isolando gli elementi di messaggio, contenuto, di stile, di forma filmica (montaggio, scene), etc. che funzionano e quelli che richiedono un ripensamento (o solo un refresh).
Ma il metodo non si limita a valutare il passato. Svolge la medesima analisi “chirurgica” sulle sensibilità presenti e le tensioni verso il futuro, il sistema di valori ed aspettative dei target del Brand, etc.
Fra l’altro – nella nostra esperienza almeno – è buona norma aggiungere alle comunicazioni del brand in test anche quella dei suoi concorrenti, così come spunti da ogni altra comunicazione del periodo considerata utile per “testare” vie e “retoriche” diverse da quelle seguite nel passato.
Il percorso ha come atto finale la raccolta di tutti gli elementi (di continuità e discontinuità) che possono essere utili a costruire la nuova comunicazione e la definizione della check list pragmatica da affidare all’agenzia per il trattamento creativo.
Oddio, ma questo approccio non limiterà la creatività e lo specifico dell’agenzia? Secondo noi no. O meglio, limita la possibilità che la creatività proceda in modo indipendente al vissuto del brand e alle atmosfere richieste alla sua comunicazione, ma l’interpretazione creativa resta totalmente libera, si alimenta solo di alcuni “marcatori” (che possono stare nei contenuti o nella forma) che sono opportuni per il bene della Marca stessa.
Con un paragone magari eccessivo: è come dire che affidare ad un artista un tema lo limita nelle sue espressioni. La storia dell’arte direbbe di no. Qui a fianco trovate l’esempio di una rappresentazione dello stesso soggetto nella storia dell’arte, Il soggetto è lo stesso (la morte della Vergine). L’interpretazione creativa che il Mantegna ed il Caravaggio ne danno (in momenti storici diversi) è totalmente personale e fornisce atmosfere e significati completamente opposti. La creatività nella comunicazione non è diversa, si applica a elementi narrativi e li interpreta liberamente. Stabilire quali elementi narrativi sono opportuni, non limita la creatività, forse la esalta, perché la focalizza.
Il percorso scientifico che ci sembra consigliabile prevede l’utilizzo di 4 componenti base:
Gli elementi dello schema usato da Research Dogma sono anche altri e si applicano in modo flessibile a diversi ambiti di comunicazione; questa lista è giusto per darvi un’idea ed una ispirazione.
Non vogliamo tediarvi oltre, speriamo abbiate trovato qualche spunto interessante. Di certo l’utilizzo del neuromarketing “fuso” in stretta combinazione con altre tecniche qualitative sulla base di un pattern comune a fare da cerniera rappresenta una piccola peculiarità rispetto alle proposizioni classiche di testing della comunicazione. Così come l’utilizzo preventivo di queste tecniche per aiutare il processo creativo e non per misurarlo (come avviene nei pre-test). Se volete ovviamente discuterne siamo a vostra disposizione per condividere le nostre e le vostre esperienze. Siamo certi che dal confronto il processo di creazione delle nuove campagne potrà essere meno ansiogeno ed in ultima analisi, più piacevole ed appagante professionalmente.
© Research Dogma 2021
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