FACILITARE LO SVILUPPO DELLA CULTURA DELL’INCLUSIONE IN AZIENDA

Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l'altrui libertà”

Emanuela Breda

Diversità e Inclusione sono sempre più sotto la luce dei riflettori. Poiché le Aziende rappresentano ormai importanti attori sociali, da qualche anno varie Aziende si stanno impegnando per creare luoghi di lavoro sempre più inclusivi, altre stanno muovendo i primi passi in tale direzione, altre ancora dichiarano di essere intenzionate a farlo.

Parallelamente, alcuni segnali sociali ci raccontano che è davvero tempo che le Aziende si dotino di strumenti per creare una cultura dell’inclusione dei target di riferimento (a prescindere da ciò che si agita negli scenari politici).

diversità

LA SOCIETA’ SI STA EVOLVENDO E LE NUOVE GENERAZIONI AMBISCONO A NUOVE REGOLE

I segnali a favore dell’inclusione dei target accomunati

 convenzionalmente sotto il cappello della diversità (razza, religione, genere, persone con disabilità, orientamento sessuale ecc.) sono chiari e forti. Eccone alcuni:

  1. Il Diversity Brand Index, che valuta la capacità delle Aziende di sviluppare una cultura aziendale orientata alla D&I, dimostra che quelle più avanzate a riguardo hanno ritorni positivi in termini di reputazione del brand, di fiducia dei consumatori e delle consumatrici, che si traducono in crescita di fatturato e rafforzamento della Brand Equity.
  2. C’è una crescente attenzione del pubblico sulla coerenza tra iniziative interne alle Aziende e le loro attività rivolte all’esterno. Non basta ad es. fare una comunicazione che rappresenta la multietnicità se poi l’Azienda non la favorisce al suo interno e/o applica discriminazioni, perché il pubblico si avvicini a un brand.
  3. I consumatori premiano o puniscono sempre più le Aziende in funzione del loro impegno anche nei confronti dell’inclusione.
  4. I Millennial e la Generazione Z (fonte: Global Millennial Survey di Deloitte 2019/2020), desiderano in misura crescente supportare ed essere protagonisti di un cambiamento positivo nelle loro comunità e a livello globale. Ma non solo: in un mercato del lavoro che anche in Italia sta conoscendo il fenomeno del job hopping di queste generazioni, la propensione a restare fedeli a un’Azienda aumenta progressivamente se le Aziende aderiscono anche a principi di D&I. Il che facilita, sul versante aziendale, la capacità di retention dei talenti. Un altro valore aggiunto per le Organizzazioni.

Al di là del ritorno economico dell’inclusione, ampiamente dimostrato da numerosi studi, e che può essere una buona leva perché le Aziende la favoriscano, il tema ha anche forti implicazioni a livello etico. Il riconoscere pari dignità a gruppi sottorappresentati, ci rende migliori come esseri umani e ci permette di contribuire attivamente alla costruzione di una società migliore a sua volta. Non è poco.

Quale che sia la visione personale, promuovere l’inclusione in Azienda è comunque importante e utile. Vediamo uno dei modi in cui possiamo farlo.

IL CONTRIBUTO DI RESEARCH DOGMA NEL FAVORIRE LA CREAZIONE DI UNA CULTURA AZIENDALE INCLUSIVA

In Research Dogma ci occupiamo anche di questo tema organizzativo.

L’approccio/percorso di cui vi parliamo favorisce in misura interessante la sensibilizzazione necessaria al tema dell’inclusione per spingere all’azione (ciò detto, naturalmente ogni contributo va personalizzato sulla singola Azienda).

Prima di proseguire, riteniamo doverose alcune note:

a) I target dell’inclusione vanno trattati separatamente: ciascuno ha infatti esigenze specifiche, e incontra problemi e ostacoli differenti (es. le persone con disabilità esprimono ovviamente necessità differenti da quelle delle donne).

b) Occorre coinvolgere tutti i Manager dell’Azienda. Anche in presenza di spinte propulsive bottom-up, nella dinamica lavorativa, i Manager sono coloro che più facilmente possono fare da ponte per il cambiamento a favore dell’inclusione, e devono agire coerentemente con questo obiettivo.

c) La popolazione aziendale va ascoltata a sua volta. Una cultura inclusiva presuppone infatti che si ascoltino tutte le voci altrimenti, paradossalmente, si rischia di creare fenomeni di esclusione di altri target aziendali.

d) L’attivazione del percorso implica un reale interesse a lavorare in direzione dell’inclusione e, quindi, la disponibilità successiva da parte dell’Azienda a mettere in campo delle azioni, iniziative concrete che la favoriscano. Una dichiarazione d’intenti non seguita da fatti concreti peggiora solo la situazione.

LE FASI DEL PERCORSO DI INCLUSIONE
  1. Fase di allineamento con l’Azienda sulla definizione del problema e del risultato atteso dall’attività. Questa è la fase fondativa. Occorre un incontro di natura consulenziale con coloro che hanno poteri decisionali (es. un Team Manager di C-level, un responsabile HR, un responsabile di CSR …), e che sono impegnati nel portare avanti il progetto specifico di inclusione, dato che esso non può essere disgiunto dalla strategia dell’azienda. Questa fase serve per  comprendere approfonditamente la richiesta, le sue caratteristiche, le sue motivazioni, quali sono i problemi e le opportunità, le risorse a disposizione, le capacità necessarie. Si tratta di un colloquio che deve essere condotto da persone con competenze e sensibilità specifiche rispetto anche a questi temi organizzativi. In questo caso, non si tratta infatti di recepire “semplicemente” un briefing, bensì di riuscire a definire consensualmente e in dettaglio il problema, il risultato che si desidera e si può raggiungere, e gli step necessari per realizzarlo.
  2. Fase di ricognizione del sentiment dei Manager dell’Azienda rispetto al target dell’inclusione. Per avviare al meglio il percorso, bisogna innanzitutto capire il vissuto, il percepito e l’agire concreto dei Manager nei confronti del target d’interesse. A tal fine è importante condurre una piccola ricerca attraverso un questionario anonimo con una batteria di domande “standard” sull’inclusione (declinato naturalmente sul target), che consente di farsi un quadro delle varie sensibilità presenti in questa parte della popolazione aziendale. Ed è utile anche ai Manager per una prima presa di consapevolezza e di riflessione personale.
  3. Fase di ascolto dei problemi rilevati dal target di interesse nei luoghi di lavoro e le loro implicazioni. L’ascolto, che può essere condotto ad es. attraverso l’analisi dei contenuti di blog dedicati o di una piccola indagine qualitativa, serve per comprendere quali sono gli ostacoli percepiti, le possibili discriminazioni, le loro concrete manifestazioni, il sistema delle attese e dei desiderata del target medesimo. Si tratta di una fase che aiuta ad effettuare una sorta di mirroring dell’Azienda, permettendo di comprendere a quale punto essa sia nel percorso di inclusione del target e di orientare meglio gli step successivi.
  4. Fase di training esperienziale sulla comunità completa dei Manager. Questa fase prevede dei workshop con gruppi di Manager. I contenuti variano a seconda delle criticità individuate grazie alle fasi precedenti, ma la finalità  dei workshop è comune: creare una working experience inclusiva secondo una logica win-win, che vede i Manager più efficaci e le persone del target ben integrate, più soddisfatte e più produttive. Ciò che occorre per realizzarla è un ampliamento delle prospettive, tale da facilitare e abbracciare l’integrazione, scoprire la ricchezza, i vantaggi della polifonia che la diversità apporta in Azienda.

Quali che siano i contenuti specifici, i workshop, declinati in maniera molto esperienziale e interattiva grazie a giochi di ruolo, tecniche di coaching e momenti di condivisione collettiva aiutano comunque i Manager a:

a) Diventare consapevoli delle convinzioni disfunzionali che hanno verso il target e che creano sabotaggi alla sua inclusione.

b) Toccare con mano la forza delle convinzioni e comprendere la loro relazione con i comportamenti agiti, nonché le ulteriori implicazioni concrete.

c) Portare al centro le persone del target, supportare i Manager nell’assumere una prospettiva a più ampio spettro ed empatica, che guarda alla diversità come a una semplice caratteristica della persona.

d) Identificare delle convinzioni che possono favorire l’inclusione: convinzioni credibili, che i Manager si sentono in grado di assumere, e che facciano sentire le persone in target rispettate, riconosciute nella loro unicità, valorizzate per le loro competenze e i loro talenti.

e) Individuare i vantaggi e per l’Azienda e per il target dell’inclusione, mettendo in grado i Manager di innestare delle modifiche positive nelle relazioni, nei comportamenti, nei compiti assegnati, nei sistemi di riconoscimento ecc., con le persone del target.

 

5. Fase parallela di Assessment sui vissuti e percepiti del progetto di inclusione del target presso la popolazione aziendale. Questa fase, realizzata tramite una breve ricerca di tipo quantitativo, è necessaria per comprendere il grado di adesione al progetto, le opportunità e gli ostacoli che l’Azienda può trovarsi di fronte da parte dei dipendenti, specie di quelli non direttamente interessati. I benefit di ritorno sono molteplici: è una prima attestazione concreta di un progetto che mira a creare una cultura inclusiva  – che per definizione presta attenzione e riconosce l’importanza di tutti coloro che operano per l’Azienda – fornisce un quadro completo della situazione e spunti utili su come gestire al meglio le possibili criticità e conflittualità che potrebbero insorgere.    

6. Restituzione al Committente delle evidenze del percorso. Si tratta di un incontro con il Committente iniziale e il Top Management di condivisione di quanto è stato fatto e dei suggerimenti strategici e operativi per la messa a punto di un piano d’azione concreto, capace di tener conto di tutte le istanze rilevate.

Ovviamente, Research Dogma è a disposizione per affiancare l’Azienda anche successivamente, se desiderato, per varie ulteriori attività (es. implementazione del piano d’azione, attività formative specifiche, monitoraggi dell’efficacia delle iniziative intraprese…)

Il tema dell’inclusione, lo sappiamo, è delicato e complesso. Tuttavia ci sembra veramente imprescindibile che le Aziende se ne facciano carico, in termini reali e non di semplice “maquillage”.  Esso si interseca infatti con altri temi cruciali all’ordine del giorno per le Aziende che sono ricchi di portati valoriali. Se si vuole – ad esempio – costruire una strategia di sostenibilità sociale, l’inclusione rappresenta uno step ineludibile, perché è una manifestazione concreta della strategia stessa. Se l’inclusione non è praticata, mina la credibilità dell’impegno dichiarato, rendendo la strategia di sostenibilità sociale un boomerang che si ritorce contro l’Azienda. Occorre coerenza.

È solo un esempio, ce ne sono altri. Pensiamoci.

Se vorrete condividere con noi le vostre opinioni, saremo come sempre lieti di confrontarci con voi. 

© Research Dogma 2021

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