Il Bore out, o la “Sindrome della noia”

Un’insidia aziendale legata a una bassa motivazione

Il “Bore-out” rappresenta un fenomeno legato ai cosiddetti “lavori d’ufficio” ancora poco conosciuto e poco considerato a differenza del burn-out, suo parente, di cui non parleremo in questa sede. Basta dare un’occhiata in rete per accorgersi che le voci relative al bore-out sono quantitativamente decisamente più basse di quelle del burn-out.

Eppure il bore-out , si mostra come una delle problematiche maggiormente in via di diffusione che si riscontrano spesso in una parte delle popolazioni di molte aziende; gli studi effettuati indicano che riguarda circa il 30% dei lavoratori. Poiché è legato all’insoddisfazione lavorativa, impatta in primis sul benessere della persona e, inevitabilmente, influenza negativamente anche l’ambiente di lavoro, il clima aziendale e i risultati. Alimenta inoltre il turnover, con il rischio per l’Azienda di perdere dei talenti.

Per tutte queste ragioni ci sembra interessante approfondirlo. Evitiamo volutamente e doverosamente le sue possibili implicazioni patologiche in quanto non di nostra competenza. Lo trattiamo semplicemente dalla prospettiva degli studiosi e consulenti di organizzazioni aziendali.

IL BORE-OUT: COSA È , DOVE E COME SI MANIFESTA

La definizione “Bore-out Syndrome” venne coniata per la prima volta nel 2007 da due consulenti aziendali svizzeri (Werder e Rothlin), ma non fu oggetto di particolare considerazione se non da parte di un nucleo di studiosi interessati dalla scoperta di questo fenomeno, per altro, non così semplice da identificare.

Il bore-out fu poi ripreso in un articolo pubblicato da Le Vif-L’Express a Bruxelles nell’ottobre 2016 e, da allora, la sua conoscenza si sta lentamente diffondendo e l’attenzione al fenomeno sta aumentando, seppure non ancora abbastanza tenuto conto delle sue dimensioni quantitative.  

Le cause del bore-out sono molteplici – alcune spesso congiunte –  e si traducono sinteticamente in una bassa motivazione e un senso di noia. Vale a dire che esso è imputabile a una mancanza sul lavoro di attività stimolanti, sfide, riconoscimenti e apprezzamenti, assenza di prospettive di avanzamento/evoluzione professionale. Ha parecchio a che fare anche con la monotonia dell’attività professionale svolta.

bored at work

Se qualche anno fa si pensava che esso regnasse sovrano nella P.A., che più si caratterizza per alcuni dei fattori sopracitati,  negli ultimi tempi si è chiarito che riguarda molti settori per più ragioni (e che non risparmia nessuno: può coinvolgere anche dirigenti e i top manager).

Eccone alcune:

a) Molte grandi e medie aziende del terziario hanno introdotto processi/burocratizzazione che portano via alle persone una considerevole quantità di tempo ed energia, appiattendone le mansioni teoricamente più importanti e challenging

b) Automatizzazione, razionalizzazione e digitalizzazione sicuramente hanno da un lato diminuito i lavori più monotoni, ma al contempo hanno reso talvolta meno significativi e più noiosi quelli rimanenti

c) Le scelte riguardanti il personale portano talvolta le aziende, da un lato, ad assegnare a persone giovani che hanno titoli accademici qualificati e ottime conoscenze teoriche ma sono prive di esperienza, mansioni che non tengono conto della loro preparazione e delle loro capacità. Dall’altro, a spostare viceversa le persone più mature, con molta esperienza, su compiti meno impegnativi di un tempo perché ritenute meno capaci di innovazione. Il risultato, ancora una volta, è bassa motivazione e noia

d) Sono tante le aziende che in questi anni si trovano a fronteggiare riorganizzazioni e momenti di difficoltà, e devono ricorrere a una riduzione del personale. La prospettiva a tendere di licenziamenti aleggia in molti settori, provocando ovviamente una caduta di committment e engagement in chi teme di esserne coinvolto.

Guardiamo infine alla spirale che porta al bore out e alle dinamiche che esso può determinare. 

L’insoddisfazione professionale provoca perdita di interesse per il proprio lavoro, demotivazione, perdita di autostima e di senso di auto-efficacia, ripercuotendosi negativamente sul rendimento lavorativo. Le persone quindi si ritraggono sempre più. Non si mettono in gioco. Finiscono o per restare inerzialmente in Azienda impegnandosi il meno possibile, o la lasciano, partendo alla ricerca di una realtà in cui possano esprimere meglio sé stesse e le proprie capacità.

Una premessa, prima di proseguire, è doverosa. Chi è colpito da bore-out, spesso non ne è consapevole. Tende a riportare semplicemente una generalizzata insoddisfazione lavorativa.  Inoltre, i comportamenti di chi si trova in bore-out sono talvolta paradossali e spiegano in parte come mai chi si occupa di HR o, più in generale i responsabili, faticano a individuare questo fenomeno. Chi ne è colpito infatti, pur compiendo in realtà il minimo sforzo necessario allo svolgimento del compito, non raramente attiva dei comportamenti, delle azioni che “modellano” chi viceversa è più probabilmente in burn-out.

Magari, adotta la “stretch your work strategy”, svolgendo delle mansioni secondo delle modalità che richiedono molto più tempo del dovuto. O la “committment strategy”, simulando di essere molto più occupato di quanto non sia in realtà, mangiando ad es. alla scrivania, uscendo tardi dall’ufficio, portandosi a casa il lavoro e via dicendo. O, ancora, raccontando ai colleghi di essere sopraffatto dalla mole di lavoro.

Non tutte le persone in bore out agiscono naturalmente in tale modo, sviando la comprensione di ciò che sta accadendo di chi si occupa di risorse umane e responsabili. Un altro ostacolo alla corretta comprensione del fenomeno è concludere di avere a che fare con soggetti caratterialmente pigri, poco propensi all’impegno, non leggendo tali tratti come una conseguenza della bassa motivazione e della noia.

C’è qualcosa che si può per intercettare precocemente possibili derive verso il bore out? Ci sono interventi efficaci di recupero nelle fasi iniziali? 

Noi riteniamo di sì.

RICONOSCERE GLI SCIVOLAMENTI VERSO IL BORE-OUT E GESTIRLI NON APPENA APPAIONO

Come dice il vecchio adagio, “prevenire è meglio che curare”.

Una premessa generale in ambito aziendale, che vale anche in questo caso per evitare che fenomeni di bore-out facciano capolino, è naturalmente la creazione di un buon clima aziendale, una collocazione appropriata delle risorse che permetta loro di esprimere i propri talenti, capacità, l’ascolto e la comprensione dei bisogni, un buon sistema di scambio di feedback (la lista potrebbe essere allungata, ma ci pare superfluo).

Più nello specifico, in relazione al bore-out, ci sono comunque tante attività che – volendo – si possono intraprendere, che implicano attori aziendali e non. Tra queste:

a) Familiarizzare, conoscere il fenomeno. Banale a dirsi, ma forse non troppo, dato che esso non è ancora così noto. Un’attività di education, di sensibilizzazione sul tema di chi si occupa di risorse umane e/o che ci lavora affianco e non lo conosce è quindi fondamentale. Gli esperti capaci di trasmettere questa conoscenza, ci sono.

b) Riconoscere velocemente i segnali del bore-out. A tal fine, è importante prestare forte attenzione a certi segnali quali la relazione tra la prestazione concreta e il tempo impiegato per realizzarla, all’equilibrio della ripartizione del lavoro nei team. Compito affidato soprattutto a coloro che in azienda gestiscono delle risorse. Se il tempo impiegato da una persona per svolgere un compito è eccessivo e ciò accade ripetutamente, o in un team si nota uno squilibrio di mole di lavoro, è tempo di attivarsi

c) Utilizzare eventualmente gli strumenti che sono stati sviluppati in anni recenti per misurare il grado/rischio di bore-out (da quello messo a punto dagli stessi Rothlin e Werder, a quello di Noriega, a quello più utilizzato di Stock). Le ricerche e le sperimentazioni proseguono con l’obiettivo di individuare una scala definitiva e affidabile (Work Bore-Out Scale -WBOS)

d) Pianificare subito gli interventi correttivi se si ha il sospetto o si hanno evidenze che ci siano persone a rischio di bore-out o che vi si stanno avvicinando. Possono essere ad es. colloqui, job rotation, ampliamento delle mansioni, responsabilizzazione, coaching, organizzazione di think tank, di brainstorming con le risorse per trovare nuove idee su come rendere il lavoro più stimolante.

e) Considerare l’opportunità che l’Azienda si faccia affiancare da terzi esterni e per il riconoscimento del bore-out, e per gli interventi. Ricorrere anche a uno sguardo esterno, preparato e super partes, scevro da (pre)giudizi può essere utile.

Un soggetto terzo può notare infatti qualcosa che sfugge alla visione degli osservatori interni che sono immersi nella vita aziendale, e contribuire alla messa a punto di un piano d’azione. Inoltre, un ulteriore vantaggio di un attore esterno è che le persone non si sentono giudicate e possono comprendere più facilmente che il primo obiettivo è supportare il loro benessere.

Research Dogma – come soggetto esterno – si occupa di  diagnosi così come di interventi. Per la diagnosi, ci capita di inserire, nelle indagini quantitative di clima interno,  item specifici su questo tema. Così come utilizziamo strumenti più qualitativi ad esempio i colloqui individuali con ricercatori ed esperti in campo HR ; per gli interventi si opera con forme di coaching, one-to- one o  di team, a seconda delle necessità e attraverso attività di formazione e motivazione mirati.

f) Auto-responsabilizzare il personale/i collaboratori. Indipendentemente dal fatto che questi siano a conoscenza del fenomeno, è importante sensibilizzarli ad esprimere i loro stati d’animo di frustrazione, noia, la sensazione di essere sotto-utilizzati, poco stimolati alle risorse umane e ai propri responsabili. Ancora più auspicabile è incoraggiarli al contempo a individuare quelle che per loro sono possibili soluzioni. E’ evidente che perché ciò avvenga, occorrono fiducia, stima, rispetto reciproco. E ciò è realizzabile solo con l’impegno delle due controparti.

BREVI CONCLUSIONI

Gli esseri umani sono tutti unici e tra coloro che mostrano scarsa motivazione, poca inclinazione all’impegno sul lavoro, ci sono persone che semplicemente hanno questa natura, investono le loro energie e capacità in altri ambiti.

Il tema ci è sembrato comunque interessante. Proprio perché a differenza del burn-out (esito dello stress lavoro correlato), che è conosciuto, non difficile da individuare e oggetto di attenzione e interventi, il bore-out è un fenomeno riconosciuto solo in anni recenti e più sfuggente. Ma, stando sempre ai dati, piuttosto pervasivo.  

Pertanto, le sue conseguenze per la persona, le aziende/organizzazioni e, di conseguenza, la società intera, non vanno sottostimate. Se vogliamo contribuire al benessere di tutte queste entità è tempo di farsi carico anche di questo tema lavorativo.

© Research Dogma 2021

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