Onboarding e Induction: due pilastri del successo aziendale

05 ottobre 2022 | Research Dogma

Molte Aziende sono oggi disorientate di fronte alle nuove fenomenologie che, rilevate inizialmente negli US, si stanno diffondendo in numerosi paesi, Italia compresa: dimissioni di massa (great resignation), crescente turn over e la tendenza di molti dipendenti a fare il minimo indispensabile (il quiet quitting, neologismo nato sui social).

Il quadro restituito da Gallup nel suo “State of the Global Workplace: 2022 report” è indubbiamente scoraggiante e legittima l’osservazione della fondamentale importanza di aggiungere le misurazioni del benessere dei dipendenti nei vari cruscotti delle indagini che li riguardano, così come la necessità di introdurre il benessere dei dipendenti come parte della promessa dei brand delle Aziende.

Promuovere il benessere dei dipendenti è quindi un imperativo (che non significa, lo diciamo qui e non lo ripeteremo, che i dipendenti non debbano fare la loro parte).  Al di là delle implicazioni etiche che ciascuno può soggettivamente trovarvi, sul piano pragmatico, creare benessere conviene comunque in termini di business. Sono tante le voci che concorrono alla costruzione del benessere aziendale.  Spesso ci si dimentica dell’importanza di due aspetti che gettano le fondamenta per creare un terreno fertile su cui svilupparlo: un onboarding e una induction efficaci.

Alcuni presupposti

  1. In questa sede, non ci occupiamo dei Manager o delle persone con ruoli apicali che entrano in una nuova Azienda. Non perché non siano meritevoli di attenzione (oltre al fatto che sono spesso oggetto di maggiore cura), ma perché costituiscono una minoranza della popolazione aziendale.
  2. Quando parliamo di onboarding e induction, ci riferiamo a due attività di natura strategica che rappresentano un continuum che ha l’obiettivo di accogliere e favorire nel corso del tempo l’integrazione di qualsiasi nuovo dipendente in un’organizzazione. Un continuum che concerne soprattutto i primi 6/8 mesi di lavoro, periodo che molti studi dimostrano essere il tempo necessario perché una nuova risorsa inizi (o meno, ahimè) a produrre valore e a sentirsi parte dell’organizzazione. Utilizzando una timeline, possiamo considerare l’onboarding come il primo periodo di ingresso in azienda e l’induction come l’accompagnamento progressivo della risorsa fino a raggiungere una sua buona integrazione.
  3. Per ottenere una buona integrazione, è bene tener conto del fatto che dopo qualche mese, la nuova risorsa incontra abitualmente una delusione: scopre che l’Azienda non è come se l’immaginava. Anticipare, ammortizzare e saper gestire quel momento di “crisi” è determinante, perché impatta sulla sua decisione di rimanere in o meno in azienda, sull’engagement e quindi sulla sua produttività.

 

Esserne consapevoli è il primo passo per avviare una riflessione sul fa darsi e quindi redigere un piano d’azione mirato ad ottenere una buona integrazione.

Come vengono gestiti dalle Aziende oggi l’onboarding e l’induction?

Dispiace dirlo, ma spesso non vengono gestiti o vengono gestiti in maniera destrutturata, andando un po’ a naso. Non si deve fare di tutta un’erba un fascio: ci sono Aziende che dedicano attenzione a queste fasi delicate (pur magari con ulteriori spazi di miglioramento).

Pensiamoci: è altamente probabile che tutti conosciamo una persona (se non lo abbiamo sperimentato personalmente) che è approdata in Azienda ed è stata informata in maniera approssimativa della cultura aziendale vigente, delle prassi, del modus operandi della medesima; presentata frettolosamente ai nuovi colleghi e affidata sbrigativamente al responsabile con cui magari ha parlato un paio di volte;  relegata forse a leggere per un paio di settimane una serie di documenti ritenuti utili. Non mancano casi eclatanti in cui una persona addirittura arriva in azienda e la sua postazione non è dotata degli strumenti necessari per lo svolgimento delle mansioni a cui è preposta.

Non solo, ma nel periodo successivo, che possiamo definire (anche) di apprendimento sul campo, la persona frequentemente non sa a chi rivolgersi per dubbi e domande, e magari si esime dal porle per timidezza, senso di inadeguatezza e disorientamento.  In poche parole si sente e spesso è abbandonata a sé stessa. Così arriva quel momento critico in cui inizia a porsi una serie di domande (“questo posto fa per me?” “ma perché dovrei sacrificarmi per qualcosa che non mi piace?” “ma in teoria non mi avevano promesso che ….?” Ma l’azienda sulla carta non sembrava …?” “ ma cosa rappresento io per l’Azienda?…). Le risposte che si darà, come anticipato, determineranno le sue performance, l’engagement, la fidelizzazione, la decisione di rimanere o andarsene.

Le aziende lamentano spesso il turn over, la perdita di talenti. A volte quantificano anche il costo del turn over (che può essere spaventoso, se ricorrente). Spesso trascurano un fenomeno forse anche peggiore: dipendenti che provano malessere ma restano in azienda, distribuendosi tra due polarità, entrambe disfunzionali per la medesima: l’apatia (tipicamente associata al quiet quitting) o l’attivazione di una dialettica conflittuale.

Tutto ciò ha anche a che fare con le attività di onboarding e di induction. Vale quindi la pena occuparsene, o no?

Alcuni suggerimenti per un onboarding e una induction funzionali agli obiettivi dell’Azienda.

Un buon onboarding e una buona induction non rappresentano la bacchetta magica per risolvere qualsiasi problematica dei nuovi ingressi nella popolazione di un’Azienda. Sicuramente però, considerarli parte integrante della strategia aziendale e realizzarli aumenta in misura decisamente interessante le probabilità di ottenere buoni risultati.

Di seguito si riportano alcuni suggerimenti per introdurre e integrare le nuove risorse in un’Azienda in maniera efficace. Alcuni risuoneranno di più, altri di meno. Alcuni forse richiedono “capitani coraggiosi”. Sono comunque possibili opportunità.

Le figure professionali da coinvolgere in queste attività sono molteplici, anche se con ruoli diversi: la figura che all’interno dell’azienda si occupa di risorse umane, il responsabile del team in cui la nuova persona entrerà, gli altri colleghi del team. Occorre quindi che esse costruiscano e condividano una cornice d’accordo sul processo di onboarding e induction e che questo sia coerente e fluido (chi fa che cosa, quando, dove, come …).

Occorre primariamente essere consapevoli della reale cultura aziendale, dei veri valori praticati. Tante aziende hanno ad esempio una carta dei valori, ma spesso di natura ispirazionale ed aspirazionale, che riporta valori differenti da quelli reali. Concedendoci un po’ di ironia, ci permettiamo di dire che dare risalto a dei valori non “agiti”, è spesso una buona premessa per creare aspettative che andranno deluse, con tutti i rebound negativi del caso. E’ più utile un sano realismo e darsi da fare per comprendere il gap tra ciò cui si aspira e ciò che è, e concentrarsi sul come è piuttosto che sul come dovrebbe essere.

Sempre in termini culturali, bisogna anche tener conto della cultura di cui è portatrice la nuova risorsa. Ogni persona è un intreccio di culture: a titolo esemplificativo, è influenzata dal territorio di provenienza, estero o meno, dall’ambiente che frequenta, dall’educazione e istruzione, dalla cultura delle organizzazioni in cui ha magari lavorato in precedenza. Tenerla in considerazione aiuta a comprendere in che misura è necessario supportarla nell’allinearsi alla cultura aziendale e quali sono le chiavi migliori per farlo.

Arriviamo al primo giorno di lavoro: è necessario riuscire a trasmettere un autentico senso di accoglienza. Le declinazioni concrete dell’accoglienza possono essere differenti, ma devono vedere un mix di elementi “hard” (es. fornire tutti gli strumenti necessari per il lavoro e una prima macro-mappatura dell’organizzazione), e di elementi soft (es. supportare la persona nell’iniziare a creare rapporti positivi con il responsabile e i colleghi del team e con altre funzioni con cui dovrà interfacciarsi, essere autentici). Occorre dedicare tempo e comunicare  quanto utile inizialmente, evitando di creare un sovraccarico informativo.

 

Nel periodo successivo, e in misura incrementale nel tempo, occorre senza dubbio aiutare la persona a mettere in campo e a sviluppare competenze tecniche adeguate, ma senza mai dimenticare l’importanza dell’averne cura anche sul piano umano.

Spesso i responsabili della risorsa sono capaci sul piano tecnico, ma non hanno competenze adeguate di tipo più umanistico (stiamo generalizzando, sicuramente non vale per tutti). Queste ultime non possono essere lasciate al caso, alla buona sorte perché sono competenze chiave quando si mira all’integrazione.

Il care taking richiede svariate capacità e attività in cui rientrano ad es. creare un dialogo aperto e costruttivo, saper ascoltare, mostrare e dedicare attenzione che perdura nel tempo; anticipare e normalizzare il momento di crisi che molto probabilmente ad un certo punto si verificherà;  supportare la persona nel comprendere le modalità migliori per muoversi nel contesto organizzativo; magari individuare e preparare un buddy cui il responsabile possa in parte delegare, pur non defilandosi. Questi sono alcuni esempi che aiutano a determinare una buona integrazione.

Se quanto letto stimolasse la vostra curiosità o vi portasse a identificare un possibile bisogno, chiamateci per una chiacchierata.

Saremo lieti di ascoltarvi e, nel caso lo riteneste opportuno, supportarvi. Research Dogma e S.H.E Dogma, la sua area dedicata al Social and Human Empowerment, offrono diversi servizi di ricerca, consulenza, formazione.

Volete conoscere la reale cultura dell’azienda (perché ne siete immersi ed è complesso averne una visione più imparziale), per creare uno storytelling interessante ma realistico per le nuove risorse? Possiamo aiutarvi con una ricerca etnografica in azienda.  Volete preparare un welcome pack? Possiamo aiutarvi a costruirlo in modo che sia fruibile e appealing. Volete che alcune persone sviluppino le soft skills necessarie per collaborare proattivamente all’integrazione? Possiamo ragionare insieme su degli interventi formativi e/o di coaching. Anche questi sono esempi. Con voi, possiamo studiare la soluzione che risponde meglio ai vostri bisogni.

In ogni caso, comunque vada, sarà interessante e molto piacevole incontrarsi. Quindi, non esitate a contattarci 😊

© Research Dogma 2022

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