Sostenibilità per i Brand, i clienti e gli investitori: le nuove istruzioni per l'uso

16 Maggio 2022 | Research Dogma

La famiglia italiana è sicuramente provata dal susseguirsi degli eventi, dal quadro di incertezza sul presente ed il futuro. Ma il suo sentiment resta di fondo speranzoso. 

Sotto la prudenza ed il pessimismo c’è voglia di normalità. Questa speranza lo porta mediamente a non incorporare i worst case che diversi analisti stanno oggi considerando: recessione, razionamento energetico, etc.  Come mostra il grafico rielaborato da RD qui a fianco, che unisce il dato ISTAT su ottimismo e preoccupazione per l’inflazione, con l’andamento dei contagi e la partenza della guerra: lo spavento della guerra e le dinamiche inflazionistiche non hanno fatto affondare il consumer sentiment, che  è sceso, ma sempre su livelli di moderata positività.

Tutto scorre, anche la sostenibilità

Relativa stabilità dei sentiment non significa staticità delle percezioni. Ad esempio, il percepito della sostenibilità si è molto evoluto in questi ultimi tre anni.  L’Osservatorio sui consumi di Findomestic – a cui RD fornisce il contributo di scenaristica – mostra che la sostenibilità si è diffusa durante la pandemia; almeno un terzo della popolazione dichiara che la sostenibilità è oggi più importante di prima.

 Ma soprattutto è cambiata la qualità della percezione di sostenibilità. Dai movimenti del 2019 a forte contenuti etico dei Friday for Future e Greta Thunberg, la sostenibilità si è man mano rivestita di concretezza. Potremo dire che il nuovo salto quantico è stato dai valori (etici) ad una nuova sintesi di valori (etici) + valore (concretezza, utilità, anche economica). Le cause, dirette ed indirette, sono sotto gli occhi di tutti. Oggi la sostenibilità è diventata pratica concreta per le famiglie italiane ed è qui per restare. Come il grafico qui sopra ci racconta, i comportamenti – per necessità o per virtù – sono diventati più sostenibili, poca teoria, molta pragmatica, destinata a durare nei prossimi 2-3 anni almeno.

Le aziende ed i brand: la “nuova” sfida della sostenibilità

Il sistema di offerta si è fatto un po’ sorprendere da questo repentino mutamento delle condizioni esterne e delle sensibilità dei suoi mercati. All’inizio del 2022 per molti Brand il tema della sostenibilità era essenzialmente un tema di comunicazione. Sarebbe ingeneroso parlare di un sostegno di facciata, perché tante iniziative di comunicazione erano (e sono) molto serie ed utili. I temi di compensazione delle emissioni, di sostegno alle cause ESG e al terzo settore impegnato su queste, non possono essere banalmente liquidate come greenwashing.

Tuttavia, solo una parte delle grandi imprese aveva realmente iniziato ad operare in una prospettiva di sostenibilità come strategia industriale, immettendo nel proprio modello di produzione ed organizzazione elementi sufficienti a cambiarlo in modo radicale. La differenza sta nel livello di concretezza (anche qui) e profondità dell’intervento sull’impresa. Circa un terzo delle grandi imprese aveva già sviluppato e messo a regime un piano strategico di sostenibilità, con obiettivi, budget e milestone specifiche. Oggi questa sfida per brand ed aziende sale di livello. La sfida per l’impresa oggi è almeno su quattro dimensioni:

  1. Non basta più dimostrare di voler fare del bene, con buone iniziative, deve dimostrare di saper rispettare i valori etici richiesti dal mercato, dai suoi stakeholder specifici: le materiality map diventano – in questo contesto – strumenti di posizionamento e non solo di compliance.
  2. allo stesso tempo deve avere una strategia «industriale» coerente con i principi di sostenibilità dichiarati, una strategia industriale sostenibile che produca distintività e valore per l’azienda ed i suoi stakeholder (clienti ed azionisti)
  3. questa creazione di valore richiede che la sostenibilità venga raggiunta con innovazioni tali da mantenere sotto controllo i prezzi (un prodotto sostenibile ma molto più caro, potrebbe non essere un prodotto di successo). Non è necessariamente una “mission impossible”: parliamo di innovazione tecnologica e di processo, ma anche di revisione e focalizzazione delle gamme, di ottimizzazione dei canali distributivi, di utilizzo di percorsi di economia circolare (riparare, affittare, riciclare, garantire l’usato, etc.). Su questo punto le ricerche di mercato servono anche ad identificare diversi punti di mediazione possibile (nuovi punti di equilibrio “domanda/offerta”) per diversi mercati.
  4. infine, ma non meno importante, la stessa strategia industriale deve essere compatibile con le sfide della competizione globale (materie prime, fonti energetiche, supply chain, mercati internazionali, etc.). Senza dimenticare, che la parziale deglobalizzazione potrebbe portare i brand globali a trovare diversi “punti di equilibrio” in diverse aree geografiche, con una maggiore attenzione al “local” almeno per cluster di paesi.

In sintesi: un lavoro semplice, semplice, ma qualcuno dovrà pur farlo.

Positive finance 2.0: guida ad un investimento sostenibile, adatto a investitori e consulenti orientati alla neo-concretezza

Se la sfida nella gestione dei mercati e dei sistemi di stakeholder (clienti e pubblica opinione in primis) appare un rebus non semplice per i brand e le aziende, la sua complessità e le sue opportunità si riflettono anche sul mondo dell’investimento sostenibile.

I temi ESG restano nel top rank dell’industria finanziaria e dei suoi stakeholder. Al Salone del Risparmio 2022 – appena chiuso con grande successo – si è parlato molto sostenibilità ed ESG.

Apparentemente si potrebbe considerare un tema già visto e sul quale si è detto tutto. Ma non è proprio così, a partire dal suo acronimo – ESG – ancora oggi poco chiaro agli investitori, nel suo significato e nelle sue concrete promesse. Parlare molto di un tema, non significa necessariamente dare strumenti e formazione per investitori, potenzialmente interessati. Spesso si è finiti per parlarne in senso generale, senza consentire ad un investitore interessato di capire quali sono le scelte concretamente fatte, quali le strategie e gli output.

Paradossalmente non è una critica, bensì una buona notizia: dopo tre anni di dibattito sulla Sostenibilità e ESG, molto legato a temi etici ma anche un filo astratti, si entra in una fase dove si tratta di capire chi vuole e riesce a diventare sostenibile, con quali scelte, vincendo le sfide del presente. Se la sostenibilità sta entrando in una nuova fase, abusando di una metafora non particolarmente nuova, potremmo parlare di un ESG e di un Positive Finance 2.0.

Investire in ESG 2.0: istruzioni per l’uso

Oggi, la promessa ESG 2.0 richiede di capire quali aziende (o quali prodotti finanziari che investono su queste aziende) sono in grado di dare risposta alle sfide poste dalle complessità attuali, secondo lo schema sopra ricordato: dal ben agire, alla “strategia industriale di sostenibilità”. Accettando queste premesse, la conversazione con un investitore (retail o istituzionale) sui temi ESG – come è evidente – appare totalmente diversa da prima.  Non basta una bella medaglia di sostenibilità (anche giustamente guadagnata), bisogna garantire strategie, operatività e risultati sostenibili a 360 gradi, perché allineati con le reali necessità di mercati e stakeholder.

La relazione con l’investitore ESG: saper segmentare per valori

Sul piano etico (e non solo) gli investitori si dimostrano generalmente molto ragionevoli. La maggioranza è disposta a privilegiare la sostenibilità rispetto al rendimento.  Ma gli investitori sanno anche entrare nel merito dei loro valori: sanno esprimere (se interpellati) una serie di criteri che vorrebbero considerare nella propria asset allocation sostenibile. Tutti i valori sono importanti, ma alcuni sono ritenuti più basilari: il non inquinare è più importante del compensare, il rifiuto del lavoro minorile o dell’investimento in paesi dove i diritti umani sono semplicemente un’opzione possibile e non un vincolo etico e sociale. Senza dimenticare che esistono bacini sociali con richieste anche più stringenti: a puro titolo di esempio il mondo che crede e pratica l’etica cattolica, o quella di altre etiche religiose.

Dalla segmentazione dei bisogni etici alla pratica dell’investimento ESG

Anche solo considerando questi semplici accenni, offrire un sistema ESG, personalizzato e customizzato sui valori del cliente, diventa un tema molto più concreto e stringente.  

La finanza si deve dunque attrezzare. Il tema ESG non ha esaurito il suo percorso, come tante mode finanziarie, anzi sta entrando ora nel vivo della questione e sarà importante nei prossimi anni. Ma questa attenzione deve essere selettiva e concreta per il nostro settore finance:

  1. dobbiamo essere in grado di sviluppare ragionamenti e storytelling più specifici abbandonando il piano degli slogan. Per investitori e loro consulenti questo comporta la necessità di rifuggire da sintesi eccessive ed in fondo poco comprensibili per agire. Mentre richiede la necessità di identificare esattamente i bisogni dell’investitore (in quale tipo di sostenibilità si vuole investire, ad esempio) e di conseguenza le caratteristiche dei prodotti da consigliare.
  2. dobbiamo offrire ad un investitore realmente interessato ad una strategia di investimento sostenibile, vicina ai suoi bisogni e valori, una asset allocation personalizzata. Questo costringerebbe l’Industry ad entrare più nel merito del bisogno e della offerta: ascoltando e rispondendo alle richieste di corrispondenza valoriale espresse dall’investitore ed alle sue istanze valoriali, assieme a quelle finanziarie.
  3. Perché il lato finanziario non sia penalizzato, una asset allocation basata sui valori deve essere anche di valore (economico). Al tempo della concretezza potrebbe non essere funzionale contrapporre i valori etici al valore economico. La richiesta è di mediare ragionevolmente e concretamente fra queste due istanze. Un buon prodotto ESG non è solo quello che fa bene al cuore, ma deve anche far bene al portafoglio, ottimizzando rischio e rendimento. Magari non sarà il prodotto più speculativo, ma Il risparmio delle famiglie in tempi così complessi richiede una difesa a tutto campo. ESG deve poter essere una risposta buona ed utile.

Identificare gli investitori ESG ed il dibattito nell’Industry finance

Alla luce di queste ipotesi di lavoro, se pensiamo al dibattito in corso nell’Industry finanziaria, potremmo aggiungere due commenti a corollario:

  • Una asset allocation sostenibile non dovrebbe essere vincolante per quegli investitori che manifestano un orientamento positivo ai valori ma non richiedono, nei fatti, una vera asset allocation “etica”.
  • Ma l’investitore che richiede una asset allocation ESG deve poter ricevere la miglior asset allocation per lui, personalizzata e sostenibile.

In altre parole, aiutiamo il dibattito a rifuggire da facili semplificazioni e classificazioni (tutte le persone, o quasi, sono sensibili a qualche valore etico, quale che sia) e prendiamo seriamente i bisogni delle persone, rispondendo professionalmente e responsabilmente a questi.  Questo appare già possibile, malgrado la grande complessità tecnica e gestionale del tema ESG oggi. Un piccolo esempio per tutti: al Salone del Risparmio 2022 in occasione della conference di Plus Sole 24 Ore – a cui RD ha avuto il piacere di partecipare – è stata presentata la piattaforma gratuita di Positive Finance ( www.positivefinance.com ). È una iniziativa di finanza sostenibile a disposizione di tutti, investitori e consulenti, per costruire asset allocation sostenibili e personalizzate, vicine alle persone e nello stesso tempo, attente ai risultati. 

Non sta ai ricercatori di Research Dogma dire se questa sarà la killer application della sostenibilità (lo auguriamo ai suoi fondatori che hanno dimostrato coraggio ed intelligenza lanciando questa start up a vocazione sociale). Senza dubbio una iniziativa di questo tipo fa fare al dibattito sugli ESG un passo avanti in termini di personalizzazione e concretezza nella giusta direzione.

 

 

©Research Dogma 2022

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