Un ingrediente cruciale per il benessere aziendale: i feedback efficaci

12 Gennaio 2022 | Silvia Pizzetti

Il benessere aziendale è l’esito di un mix di molti fattori. Tra questi, rientrano sicuramente i feedback “dati bene”.

Tutti abbiamo un’idea di cosa sia un feedback. Ciò nonostante, è interessante soffermarsi un attimo su questa parola composta che unisce “feed”, ossia nutrire, e “back”, ossia indietro.

Soffermarsi sul termine aiuta a coglierne il significato più profondo. L’immagine del nutrimento è molto evocativa e indica chiaramente la finalità del feedback: che sia positivo o negativo, esso ci nutre di informazioni preziose che ci permettono di incidere in maniera utile su una situazione, migliorarla, grazie alla possibilità di modificare, correggere o rafforzare un comportamento.

Data la complessità degli esseri umani, riuscire a seguire le “linee guida” che il termine suggerisce, per di più in ambito organizzativo in cui vigono regole, ci sono gerarchie, tribù aziendali e molto altro, non è cosa semplice. Saper dare feedback è una competenza, una soft skill. Essendo una competenza, come tutte le competenze, richiede studio e allenamento pratico.

E’ realmente importante padroneggiarla bene per costruire un buon clima aziendale, far crescere le persone, la motivazione e il business.

 

UNO SGUARDO ALLE AZIENDE

Le Aziende sono diversamente attrezzate su questo fronte: si va da aziende che prestano poca o nulla attenzione allo scambio di feedback, ad aziende che viceversa li tengono in alta considerazione. Entrambe le tipologie di aziende tuttavia possono esporre in misura più o meno rilevante il fianco a situazioni indesiderate.

Le prime, su cui ci soffermiamo meno, inconsapevolmente, coltivano un cattivo clima aziendale. Una ricerca Gallup condotta nel 2017 su oltre 3.300 lavoratori  – full time di età +21 anni, campione eterogeneo per settore industriale, dimensione aziendale e ruolo ricoperto, includente 14 paesi e 4 macroregioni economiche –  ha evidenziato che la principale causa di insoddisfazione dei dipendenti veniva imputata all’assenza di feedback. Sono passati alcuni anni, molto altri fattori sono entrati in campo, ma è ragionevole ritenere che il tema non sia scomparso dal radar. Sarebbe decisamente opportuno porre rimedio a questo silenzio, inserendo lo scambio di feedback corretti nella cultura aziendale.

Le seconde, quelle in cui vige una cultura dei feedback, non sono automaticamente al riparo da errori. In alcune organizzazioni la cultura del feedback trova spesso l’apice della sua espressione nei momenti istituzionalizzati dedicati all’assessment attraverso vari strumenti (che incorporano anche lo scambio di feedback). E’ importante tuttavia che tale scambio non sia limitato a questi momenti. I feedback appartengono soprattutto alla dimensione del  “working day by day” e vanno dati  frequentemente.

SI FA PRESTO A DIRE FEEDBACK

“Troppi dirigenti hanno una scarsa padronanza dell’importantissima arte del feedback. Questa carenza impone costi elevati” (Daniel Goleman)

 Nelle organizzazioni capita spesso che invece di dare dei feedback, per quanto in buona fede, i manager e i superiori in generale tengono nota degli errori e delle manchevolezze dei dipendenti e collaboratori per poi riportarglieli camuffandoli da “critiche costruttive”. Non è sorprendente che in questi casi si crei una situazione emotivamente sfavorevole a una conversazione produttiva e che si ostacolino i miglioramenti.

Abbiamo detto che saper dare dei feedback è una competenza, ed è questo il fronte su cui si può scivolare facilmente. Saper dare feedback efficaci ha molto a che fare con il linguaggio, l’atteggiamento che si utilizza, i presupposti da cui si parte, la capacità di gestire le emozioni. Aspetti sottili e delicati. A volte infatti si pensa di dare dei feedback, ma nel comunicarli si incappa in errori che ne minano l’utilità e generano risultati diversi da quelli desiderati. Dal nostro punto di osservazione, abbiamo potuto notare che gli errori più ricorrenti delineano alcune tendenze:

  • La tendenza a pensare che quanto si dirà venga accettato, perché non ci si rende conto che ciò che si sta dando è un giudizio o un’ interpretazione personale. E questi, oltre ad essere opinabili, generano con alta probabilità resistenze.
  • La tendenza a confrontare la persona con altri collaboratori o colleghi, non importa se in positivo o in negativo. La persona va infatti riconosciuta e supportata nella sua unicità, se no si produce un senso di estraniamento e/o si innestano comportamenti conflittuali
  • La tendenza a fare ricorso a messaggi di tono paternalistico del genere “lo dico/faccio per il tuo bene …”. L’Azienda non è un genitore, la persona è adulta, di nuovo, ha un’identità che va rispettata e l’affermazione non è neppure tanto credibile
  • La tendenza a utilizzare assolutismi tipo “sempre” o “mai”. Sicuramente si tratta di generalizzazioni (che nella PNL indicano l’inclinazione a “fare di tutta l’erba un fascio”), che difficilmente hanno un reale fondamento
  • La tendenza a utilizzare un tono accusatorio o autoritario. In questo modo si generano più facilmente umiliazione e senso di inadeguatezza, non si incentiva certo il miglioramento
  • La tendenza a contrapporre la persona al resto del team/gruppo di lavoro con frasi tipo “Tutti pensano che tu …”. Non ha nulla di costruttivo, deprime la motivazione, produce un senso di isolamento

 

ALCUNI INGREDIENTI DELLA RICETTA PER DEI FEEDBACK EFFICACI

Un feedback è efficace quando è focalizzato sui miglioramenti possibili grazie a indicazioni utili per lo sviluppo di una capacità, di un comportamento, chiarisce esattamente a cosa si riferisce e riesce a far sentire l’interlocutore supportato. Senza la pretesa di essere esaustivi, segnaliamo alcuni punti che nella nostra esperienza partecipano alla costruzione di un buon feedback.

Il punto di partenza è prepararsi e individuare il momento giusto. Se in generale vale la regola che sia meglio non aspettare troppo a dare un riscontro, ciò vale soprattutto per i feedback positivi. La tempestività dà al riscontro maggior valore segnalando attenzione alla persona. Anche nel caso dei feedback negativi, è importante non far trascorrere troppo tempo, ma occorre essere in uno stato emotivo “neutro” prima di darli e cercare di assicurarsi che l’interlocutore sia a sua volta emotivamente pronto per ricevere delle osservazioni. La tranquillità è un ottimo terreno per comunicare in maniera proficua.

Trovato il momento, è molto utile dichiarare l’obiettivo costruttivo del feedback, esplicitare di cosa si parlerà e chiarire l’intento. Oggetto del feedback deve essere un comportamento, un’azione, un risultato della persona e mai la persona in sé. Occorre che sia basato su osservazioni concrete che sia fact-based, fondato su aspetti oggettivi che possono essere riproposti all’interlocutore.

Perché un feedback sia produttivo, è importante poi entrare nel dettaglio (cosa è successo, dove e quando, chi è stato coinvolto, quale è stato l’effetto del comportamento sul lavoro…). Le persone comprendono e rispondono meglio quando ricevono indicazioni specifiche, mentre l’ambiguità o la genericità ostacolano entrambi.

Occorre poi essere capaci di bilanciare i feedback positivi e quelli negativi e maneggiare sapientemente questi ultimi. Il feedback positivo stimola infatti altri comportamenti corretti. Il feedback negativo indica invece delle correzioni da apportare.

Per rendere un feedback efficace, è necessario focalizzarsi sul futuro e sul miglioramento possibile. Fornire suggerimenti, specialmente pratici e fattibili può facilitare questo passaggio e stimolare il pensiero dell’interlocutore.

E’ necessario anche accertarsi che ciò che si è detto sia stato compreso ed essere pazienti ed empatici. Non sempre ciò che si dice corrisponde a ciò che è percepito. Verificarlo permette. in caso di misunderstanding, di aggiustare il tiro. Il feedback  deve dare inoltre all’interlocutore la possibilità di rispondere. Se le risposte non emergono spontaneamente, è bene stimolarle facendo domande (sempre separando i fatti dalle opinioni). Il feedback non è infatti one way, presuppone interazione o, ancora meglio, un rapporto di fiducia.

A fare da cornice di tutto ciò, c’è anche il tema della gestione delle emozioni di coloro che ricevono un feedback. E’ bene ricordarsi che ci si può trovare di fronte a una serie di emozioni (sorpresa, turbamento in qualche caso anche rabbia), il che è abbastanza normale quando si dà soprattutto un feedback negativo. Pertanto, è importante saper accompagnare la persona attraverso le sue emozioni, aiutarla ad elaborarle, portarla a capire che i cosiddetti “errori” rappresentano semplicemente degli spunti di apprendimento. Così facendo, la persona diventa ricettiva e pronta ad agire meglio.  

Last but not least, è opportuno concludere la conversazione riepilogando ciò di cui si è discusso, concedendo spazio alle soluzioni. Una chiusura positiva genera spesso un senso di fiducia nell’interlocutore di poter migliorare la situazione.

Un’ultima osservazione sui feedback. Se qui abbiamo trattato i feedback  in logica un po’ “top-down”, in base alle nostre conoscenze ed esperienze, dare feedback non dovrebbe essere appannaggio solo dei dirigenti /dei team manager o essere circoscritto a determinati momenti, ma dovrebbe essere una pratica costante, che crea un circolo virtuoso portando al  miglioramento continuo e che coinvolge tutti. Lo scambio di riscontri costruttivi tra colleghi, così come feedback bottom up sono indicativi di un buon sistema di comunicazione e di vitalità, vivacità, apertura allo scambio dell’ambiente lavorativo. Aspetti da cui scaturiscono interessanti opportunità.

Per finire, può essere che i contenuti dell’’articolo vi siano noti. Ma se “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, la conoscenza che non si traduce in applicazione concreta è una conoscenza – con tutto rispetto – abbastanza sterile.

Se vi trovaste a domandarvi se potrebbe essere utile sviluppare una cultura aziendale comprensiva di feedback o se il modo in cui nella vostra azienda vengono scambiati i feedback sia realmente funzionale, parliamone.

Saremo lieti di chiacchierare con voi. In caso emergesse una necessità, Research Dogma e S.H.E Dogma, la sua area dedicata al Social and Human Empowerment, possono inoltre affiancarvi attraverso ricerche agili volte ad individuare come risolvere al meglio i bisogni della popolazione aziendale a riguardo (anche inserendo semplicemente alcune domande nelle vostre people survey) e attraverso della formazione ad hoc sul tema.

A questo punto… se ci darete dei feedback, ci farà piacere. 

 

© Research Dogma 2022

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